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Da Il Sole d'Italia, febbraio 2009

Red Ronnie: «Te lo do io il Messico»

Intervista esclusiva e semiseria.
Il popolare conduttore televisivo visita la Terra dei Maya.
E dopo avere percorso duemila
chilometri
dà qualche dritta ai turisti italiani.

Dai «topes» alle «fajitas». Fino al «chile habanero».
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di Vito Taormina

Trentacinque anni nel mondo dello spettacolo, ma non li dimostra. Sarà perché Gabriele Ansaloni, in arte Red Ronnie, è stato sempre un innovatore. Fin dal lontano 1975, quando iniziò a trasmettere dalla prima radio libera bolognese. Successivamente le sue grandi intuizioni televisive, come Bandiera gialla, Be Bop A Lula e Roxybar, sono diventate trasmissioni mitiche. Che hanno segnato un’epoca. E non soltanto perché nei suoi programmi sono passati Luciano Pavarotti, Lucio Dalla, Jovanotti, Gianni Morandi, Robert Plant, le Spice Girls, Britney Spears e tante - ma tante - altre star.

Ora Red Ronnnie si diverte con un nuovo mezzo di comunicazione: internet. E infatti il suo portale musicale (www.roxybar.it) è uno dei più visitati d’Italia. La sua ultimissima iniziativa è Alliance for Africa, un’associazione creata per aiutare i paesi africani, voluta dal Comune di Milano, dalla Regione Lombardia e dalla Fondazione Milano per l’Expo 2015. L’associazione ha organizzato un grande evento gratuito il 5 febbraio a Milano e con Red Ronnie sono saliti sul palco Andrea Griminelli, Bob Geldof, Syria, Alexia e Gino Paoli. Intanto, sempre a Milano, continua fino al 15 marzo la mostra Rock’n’Music Planet. In esposizione c’è la collezione personale di Red Ronnie: strumenti, documenti, disegni, autografi e testi delle più grandi star della musica, dal contrabasso di Bill Haley, all’orologio di Elvis, dal Mike Jagger di Andy Warhol alla chitarra di Jimi Hendrix. Nel mezzo di questo bailamme artistico-musical-culturale, il popolare dj e conduttore televisivo è «fuggito» per una settimana in Messico. Con Il Sole d’Italia, Red Ronnie ha girato tutta la Riviera Maya. Ed è così che è nata questa intervista (semiseria) sulla sua vacanza.

Red Ronnie in Messico. Vacanza o lavoro?

Sono testimonial dell’aerolinea Neos e ho quindi tante opportunità di viaggiare, anche se poi non le sfrutto tutte. In Messico non ero mai stato, ma è uno di quei pochi paesi dove si può veramente fare una vacanza. Perché di solito, dovunque vada, ho sempre qualcosa da filmare: fino a restare sempre coinvolto nel lavoro. Invece nella Riviera Maya ho potuto rilassarmi. Tanto è vero che sono andato in giro anche «disarmato», ovvero senza telecamera e macchina fotografica.

Beh, a Tulum hai filmato. Con qualche intoppo...

Sono entrato nella zona archeologica con l’intenzione di filmare ed è scoppiato un caso allucinante con le autorità locali perché non avevo il permesso di usare la telecamera professionale. Tutto per non avere letto un cartello. Bastava solo pagare all’entrata 35 pesos in più. L’equivoco comunque è stato poi chiarito e il materiale è stato salvato.

Dove hai alloggiato?

A Cancun, dove però praticamente ho solo dormito perché ho preferito noleggiare un’auto e muovermi lungo la Riviera Maya. Infatti conosco a memoria i chilometri - 64 - che separano Cancun da Playa del Carmen. E ho apprezzato anche tutti i topes lungo l’autostrada.

Già, i famigerati topes. Puoi spiegare ai turisti italiani al volante in Messico che cosa sono?

Sono dei dossi artificiali posti lungo le strade: dovrebbero servire a ridurre la velocità. Il problema è che questi chiodoni gialli, costruiti in metallo o cemento, a volte sono segnalati da un cartello, ma altre volte no. Ed è così che possono partire gli ammortizzatori. Insomma, i topes sono sicuramente degli ottimi partner commerciali dei meccanici.

Hai trascorso diversi giorni a Playa del Carmen, la città più italiana del Messico...

Un posto dove si sta veramente bene. Piena di italiani... pazzi. Come te che mi stai intervistando, capace di fondare un giornale italiano all’estero. O come Gigi il ristoratore che, è pazzesco ammetterlo, mi ha fatto mangiare in Messico il tirami su più buono della mia vita. Sai una cosa? Gli italiani sono il popolo più buongustaio nel senso generale della vita. Se ce ne sono così tanti a Playa del Carmen, significa che questa è una città dove si vive veramente bene.

Sì, infatti qui si sente parlare italiano ovunque...

Già. Ma iIl problema è che l’italiano in vacanza in un paese straniero pensa di potere parlare liberamente. Mentre qui a Playa del Carmen le parolacce le capiscono proprio tutti. Quindi un consiglio ai turisti: per evitare brutte figure, attenti a cosa dite in strada ad alta voce perché è come essere in Italia.

Hai altre «dritte» per il turista italiano che visita la Riviera Maya?

Fra mare e cultura, tutta la zona è da non perdere. Con la mia famiglia - mia moglie Morena, nostra figlia Jessica e il suo fidanzato Nicola - abbiamo percorso quasi duemila chilometri in una settimana. Siamo stati a Tulum, ad Akumal, a Coba. E anche a Chichén Itzá dove giustamente, al contrario di Coba, non fanno salire sulla piramide.

Perché giustamente?

Personalmente non farei salire nessuno sulle piramidi. Perché si tratta di monumenti troppo importanti. Vedere questo formicolio di gente che sale e scende è una stupidaggine. C’è poi anche il rischio di cadere dalla piramide... Credo che questi monumenti debbano essere vissuti come un mito. E non si può calpestare un mito religioso e storico. Bisogna solo ammirarlo e poterlo fotografare così com’è: libero, in mezzo alla foresta, senza tutta quello sciame di persone che va su e giù.

Un discorso che tu applicheresti anche ai cenotes, le spettacolari grotte di acqua dolce...

L’altro giorno, mentre ci godevamo la bellezza e la tranquillità del cenote Azul, è arrivato un gruppo di sommozzatori stranieri così chiassosi e senza rispetto che mi sembrava stessero davvero profanando quel luogo così sacro e carico di significato. Non bisognerebbe permettere a tutti di nuotare nei cenotes.

Possiamo dire allora che la Riviera Maya ha toccato anche il tuo spirito? Certamente. Basta pensare al cenote Dzitnup vicino a Valladolid. Per raggiungerlo bisogna percorrere la strada statale che porta a Chichén Itzá. Ma tutta la cultura maya è basata sull’energia spirituale e sull’astrologia. E l’energia si sente. A proposito di energia: fate il pieno di benzina quando andate a Chichén Itzá. Perché per 120 chilometri non esistono distributori e si rischia di restare a secco.

Dopo avere percorso 2000 chilometri in auto, puoi affermare che le zone dello Yucatan e della Riviera Maya non sono pericolose?

Certamente. Qui c’è un’atmosfera molto serena. La gente sta bene e non ho visto tanta povertà, almeno in questa zona. Insomma, nessuno soffre la fame, a parte qualche cane randagio. Comunque la prossima volta che tornerò da queste parti non prenderò l’automobile. Ho già adocchiato un alberghetto in riva al mare a Playa del Carmen, dove resterò a rilassarmi.

Tu e la tua famiglia siete dei vegetariani doc. Come vi siete trovati a tavola con le pietanza messicane?

Ottimo il guacamole «machacado» che, nei ristorantini in riva al mare, ti preparano proprio al tavolo. Ma buoni anche i piatti a base di ceci e fagioli oltreché le fajitas con verdure. Per non parlare dei nopalitos, tenere foglie di cactus che si mangiano arrostite o anche ad insalata. La frutta poi ha un sapore molto intenso. Una bella scoperta è stato il cocco con limone e peperoncino, che qui si chiama chile. A proposito di chile: attenzione a quello denominato habanero. E’ il più potente di tutti: ne basta una punta sulle labbra per restare fulminati. Ma spesso te lo offrono senza avvertirti, travestito da innocua salsina...

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