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Manhattan, il Moma è tornato

CULTURA

GRANDI EVENTI RIAPRE, RINNOVATO, UNO DEI PIÙ FAMOSI MUSEI DEL MONDO
Il giapponese Yoshio Taniguchi ha creato un ambiente in cui l'architettura scompare». Spazi raddoppiati, originali gallerie, alti soffitti: dopo due anni e mezzo di esilio, il tempio dell'arte contemporanea inaugura la sua sede sulla 53a strada.

di Vito Taormina

Il 17 novembre del 1929, mentre Wall Street crollava e l'America entrava nella Grande depressione, a Manhat-tan, al dodicesimo piano dell'Heckscher Building, numero 730 di Fifth avenue, apriva timidamente le porte il Museum of Modern Art (Moma). I locali comprendevano gli uffici, la biblioteca e la piccola sala dove venne esposta la prima (magra) raccolta: appena otto stampe e un dipinto. Che però daranno il via alla più importante e imponente collezione d'arte moderna e contemporanea della storia.

 

Esattamente 75 anni dopo, l'architetto giapponese Yoshio Taniguchi ha appena terminato la ristrutturazione del nuovo Moma, che il 20 novembre riaprirà ufficialmente a Manhattan dopo due anni e mezzo di esilio nel Queens. Taniguchi, 67 anni, l'architetto che il Museum of Modern art ha definito «raro interprete di spazi sublimi», ha ampliato la struttura già esistente dell'edificio che dal 1932 si adagia fra la Cinquantatreesima e la Cinquantaquattresima strada.

 

Grazie anche all'acquisto degli spazi dell'adiacente Hotel Dorset, l'area interna del museo è quasi raddoppiata, Ma ciò che cambia nell'architettura del nuovo Moma non è soltanto il volume, ma la successione degli elementi e l'interpretazione dello spazio. Come accade nelle innovative gallerie del secondo piano, dai soffiti alti e dai muri tagliati che si aprono verso l'esterno. «Per creare un senso di respiro, di aria intorno all'arte: una percezione che si coglie appena entrati nel nuovo edificio» spiega l'italiana Paola Antonelli, curatrice del Dipartimento di architettura e design del Museum of Modern art.

 

Il nuovo Moma è già opera d'arte in sé. Prima di iniziare il suo capolavoro Taniguchi aveva detto: «Cercherò di fare scomparire l'architettura». Oggi, alla vigilia dell'inaugurazione, cerca di spiegare così la sua visione: «Non ho cercato di creare soltanto un edificio fisico, ma ho voluto progettare un ambiente con dentro oggetti e persone». E per chiarire ancora, Taniguchi fa un esempio: «Nella cerimonia del tè giapponese, la tazza è semplice nella forma, tenue nel colore. Ma una volta che il tè viene versato, la tazza si trasforma in un oggetto interamente nuovo, Così non è l'oggetto che importa, ma il totale: la temperatura del tè, il suo colore, il suo odore. Questo è l'ambiente, Ecco cosa intendo quando dico che l'architettura scompare». E infatti il nuovo Moma (visto nell'insieme delle sue opere d'arte, da Notte stellata di Vincent Van Gogh a Les Deinoiselles d'Avignon di Pablo Picasso) è una immensa tazza calda. Anzi caldissima.

 

«Il minimalisimo può diventare bollente quando è così raffinato e pieno di dettagli» aggiunge Paola Antonelli. «Ed è un minimalismo soltanto di superficie: in realtà lo stile di Taniguchi è ricchissimo e pieno di calore. Da oggi al nuovo Moma l'architettura è completamente in funzione dell'arte. E questa sarà una caratteristica che ci differenzierà in maniera ancora più netta da molti altri musei».

 

Per celebrare il suo architetto, dal 20 novembre al 31 gennaio 2005 il Moma proporrà la mostra intitolata Yoshio Taniguchi: Nine Museums. Modelli in scala, testi, disegni e fotografie avvicineranno i visitatori alla filosofia dell'architetto che nel corso della sua carriera ha già realizzato nove musei. Ultimi della serie appunto il Moma di New York e il Centennial Hall di Kyoto, il cui completamento è previsto per il 2007. Al quarto e al quinto piano il Moma ospiterà la sua celebre collezione permanente di dipinti e sculture: in tutto 3.200 opere che spaziano temporalmente dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri.

 

Al contrario di quanto avveniva in passato, le nuove gallerie di Taniguchi sono progettate in maniera tale da non costringere il visitatore al percorso obbligato. Per esempio, al quinto piano del museo, si è liberi di ripercorrere avanti e indietro sentieri e corridoi illuminati dalle opere di Cézanne, Van Gogh, Matisse, Picasso, De Chirico, Léger, Brancusi, Mondrian, Dalí, Mirò e da tutti gli altri pittori e scultori che, secondo il Moma, occupano un posto di primissimo piano nella storia dell'arte moderna. Come, del resto, gli artisti di scena al quarto piano, fra cui Alberto Giacometti, Jackson Pollock, Barnett Newman, Robert Rauschenberg, Andy Warhol, Eva Hesse, le opere dei quali, realizzate tutte tra gli anni Quaranta e Sessanta del secolo scorso, sono fortemente segnate, secondo gli organizzatori, dal secondo conflitto mondiale e dalla guerra del Vietnam. L'evoluzione del disegno su carta dal 1880 in poi è il tema della mostra del terzo piano che offre al visitatore un universo di 7 mila capolavori.

 

Ma le manifestazioni della cultura moderna, secondo la filosofia del Moma, sono interdipendenti. Ecco spiegato l'allestimento della galleria di architettura e design, curata dall'omonimo dipartimento che venne creato nel 1932 da Alfred H. Barr Jr, il fondatore del museo, e da Philip Johnson, il primo curatore e a cui sono dedicate le gallerie di Architecture and design che vantano una collezione di 3.600 oggetti dì disegno industriale, 4.300 lavori grafici, oltre 1.900 modelli e plastici d'architettura, oltre a 18 mila disegni dell'architet-to tedesco Ludwig Mies van der Rohe.

 

Ed è in questo spazio che ancora una volta l'osservatore si ferma ad am-mirare la mano di Taniguchi. Perché dal secondo piano del museo si guarda con meraviglia lo splendido giardino, l'Abby Aldrich Rockefeller sculpture garden, che l'architetto giapponese è riuscito ad ampliare del 20 per cento. «Non è uno spazio defi-nito» spiega Taniguchi «perché quando si osserva l'atrio dal giardino si può sentire l'estensione dello spazio esterno dentro l'edificio. Ma se si guarda il giardino dall'atrio si ha l'impressione che lo spazio interno si estenda fuori dalle finestre».

 

Il Moma quindi è un cocktail di cultura contemporanea in continua espansione. Basta pensare alle monumentali Photography galleries del terzo piano (25 mila fotografie) o all'esibizione permanente di stampe e di libri illustrati che comprende oltre 50 mila lavori. E poi ci sono i ritmi, le immagini e i suoni della Film and media gallery, oppure l'originalità degli oggetti esposti nelle Contemporary galleries. I 20 dollari del biglietto d'ingresso, un rincaro d'eccezione accolto da vivaci polemiche (ma ogni venerdì dopo le 16 si può entrare gratis), sono una vera e propria scommessa sull'appeal dell'arte contemporanea

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